Curiosità e contenuto della
favola: questo racconto narra le avventure di una farfalla molto curiosa che
decide di abbandonare la sua radura incontaminata e lontana dai pericoli per
andare ad esplorare la Città. E’ adatta a bambini anche piccoli ma comunque
l’età minima consigliata, per il mantenimento dell’attenzione durante la
lettura è di almeno tre anni
Illustrazione: Francesca
Dutto
In una radura nel bosco, ai
margini di un ruscello, c’èra un bellissimo prato ricco di fiori di ogni specie
colorati e profumati, protetti dalle fronde degli alberi che
lo circondavano, convivevano pacificamente e in armonia, animali
selvatici e le più rigogliose piante
di ogni genere. Era un luogo incantato per la pace e la serenità che vi regnava
ed il posto ideale perchè splendide farfalle
potessero volare tranquille, posandosi di fiore in fiore per succhiarne il
dolce nettare e colorare il cielo con le loro ali variopinte. Fra queste viveva
una simpatica farfalla azzurra, dalle sfumature meravigliose, era senza dubbio
la più bella del prato ma anche la più curiosa, veniva chiamata Bia e
amava molto cercare i fiori più dolci e succosi e lasciandosi cullare dal loro
calice, addormentarsi la sera, per svegliarsi poi la mattina,
ricoperta dalle goccioline di rugiada
Un giorno sentendosi stanca di volare sempre nello stesso prato,
salutò tutti i suoi amici e si mise ad inseguire il ruscello che
scorreva, scendendo verso valle, sul suo letto di sassi rotondi. Ad un tratto
un pesciolino che si lasciava trasportare dalla corrente le domandò ”
Dove vai ? ” ” Scendo a valle, sono curiosa di sapere cosa c’è in fondo al
ruscello. ” rispose lei. Il pesciolino nuotando ancor più in
superficie continuò : ” Fai attenzione, il ruscello si getta nel lago sulle cui
sponde si trova la città degli uomini, resta quassù è pericoloso ! ”
La farfalla non lo ascoltò e continuò il suo volo decisa a
raggiungere il paese prima di notte. Ad un certo punto ecco che vide il lago ed
il ruscello che si perdeva in esso facendo un gran rumore e sulle sponde,
proprio come le aveva detto il pesciolino, si ergeva un villaggio fatto di case
e strade di terra battuta. Era un paese pacifico di pescatori,
persone umili che vivevano della pesca e dell’ agricoltura, le
casette erano tutte uguali fatte di mattoni con il tetto a punta e il camino
dal quale si levava una lunga lingua di fumo. Gli uomini si aggiravano per
le strade con grandi ceste piene di legna e grosse reti colme di pesci ancora
guizzanti, le donne più anziane, sedute su panche di legno facevano a
maglia mentre i rispettivi mariti tiravano grossi dadi
rudimentali, seduti su sghabelli fatti di tronchi tagliati attorno a lunghe
tavole di pietra. Le donne occupate a fare il bucato, stendevano i panni o
spazzavano la strada di fronte alla propria casa, altre preparavano torte
fragranti che mettevano a raffreddare sul davanzale delle finestre. I bambini
rincorrevano chiassosi palle fatte di pezza o giocavano al mercato con foglie e
rametti secchi. Altri disegnavano quadrati con pezzi di mattone
e saltandoci a turno all’interno sembravano divertirsi davvero tanto.
Alla farfallina sembrava proprio un bel paese, non trovava nulla
di pericoloso in esso anzi, era così felice che decise che questa sarebbe stata
la sua nuova casa. Così dicendo e stanca di volare, intravide un bel vaso
di fiori adagiato fuori da una finestra. Erano così profumati ed
invitanti che si mise a cenare e poi esausta si addormentò in uno dei loro
calici com’era sua abitudine. Intanto dentro alla casa, dove viveva una
bella bambina insieme alla sua mamma e al suo papà, qualcuno aveva osservato la
meravigliosa farfalla e prendendo una grossa bottiglia di vetro da uno scaffale
della cucina, si approfittò del fatto che la poverina era profondamente
addormentata e la catturò imprigionandola dentro alla bottiglia. Sentendosi
afferrare la farfalla si svegliò ritrovandosi rinchiusa in quella
prigione di vetro, fuori dalla quale, due grandi occhioni color del cielo la
osservavano con curiosità. Era la bambina che esterefatta dalla bellezza
della farfalla, non faceva che sbatterla da una parte all’altra per farla
volare, felice della conquista e del suo nuovo giocattolo.. Poi, decise che
sarebbe uscita per cercarle del cibo e abbandonò la bottiglia proprio sopra al
davanzale della finestra. Guardandosi intorno, Bia vide che si trovava all’interno
della cameretta di quella bambina, c’èra il suo lettino, un armadio di
legno, tante bambole e cubi colorati sul pavimento.
La farfalla era molto triste, da quella prigione di vetro, vedeva
l’esterno senza poterlo raggiungere, non aveva nemmeno lo spazio per
volare e le mancava persino l’aria che filtrava appena dal grosso tappo di
sughero che bloccava l’uscita. Come se non bastasse la bambina non rientrò per
molte ore e quando lo fece era ormai buio. Passarono i giorni e ben presto la
piccola si dimenticò della farfalla, era sempre fuori a giocare all’aperto e
quando rientrava nella sua cameretta, non faceva altro che scuotere la
bottiglia o aprirne il tappo solo per gettare al suo interno qualche
fiorellino raccolto ai margini della strada perchè potesse alimentarsi. La
farfalla ormai era stremata : gli mancavano il suo prato, i suoi fiori e
gli amici di un tempo, si pentì di aver deciso di abbandonare la sua casa
e di non aver dato retta al pesciolino che l’aveva messa in guardia,
decise quindi che si sarebbe lasciata morire. Si posò sopra un petalo
appassito, sul fondo della bottiglia e non si mosse più.
La bambina rientrando una sera da un pomeriggio di giochi in
giardino, la trovò così, posata su un lato delle sue splendide ali e
capì cosa aveva fatto. “ O mia piccola amica perdonami, ti lascerò libera
e potrai tornare a volare nei prati, riuscirai mai a perdonarmi ? ” e così
dicendo uscì fuori stappando la bottiglia e liberando la povera
farfalla, che a fatica, trascinadosi sulle zampine, uscì e volò via. Volò per
molte ore il più lontano possibile da quel villaggio e dagli uomini
che lo popolavano verso la sua vera casa, la radura in mezzo al bosco, nel
suo prato. Trascorsero i mesi e le stagioni si susseguirono ma Bia aveva
capito la lezione, imparò ad essere più cauta ad ascoltare i consigli degli
altri e visse felice il resto della sua vita addormentandosi ogni sera
nella rugiada dei suoi amati fiori ancora per molto, moltissimo tempo.
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