sabato 25 gennaio 2020

Il passerotto e l’albero che voleva prendere il Cielo


Curiosità e contenuto della favola: 

La  favola narra la storia di un grande albero, possente e saggio che sovrasta e domina con la sua chioma gigantesca una grande e meravigliosa valle meravigliosamente popolata da ogni specie animale e vegetale e che, a causa dell’egoismo della pianta, rimane completamente deserta. Per riportare la pace e la serenità che vi erano un tempo,l’ albero, l’unico essere vivente rimasto, dovrà attuare una grande trasformazione dentro se stesso e ci riuscirà grazie a un aiuto arrivato dal cielo. Questa fiaba è adatta a bambini anche piccoli ma comunque l’età minima consigliata, per il mantenimento dell’attenzione durante la lettura è di almeno quattro anni.

§  Illustrazione : Francesca Dutto

Chiudete gli occhi e poi apriteli…Fatelo ancora e ancora, poi ascoltate il rumore del vento che soffia nella valle. Ah ! Scusate, quasi dimenticavo di dirvelo, certo, dovete immaginare di essere in una grande vallata, ricca di alberi e fiori e animali di ogni genere, in mezzo alla quale sorge una minuscola collina, ecco, adesso fermatevi lì. Se volete potete sedervi, si, si anche con le gambe incrociate, e la testa appoggiata sulle braccia se siete più comodi. Ora osservate il grande albero secolare che sorge proprio al centro di quella collina, lo vedete, è il più grande di tutti e il suo tronco è possente e nodoso, segnato dal vento è da tutto il tempo che è passato sopra il suo legno e tra i suoi rami. Non vi sembrano enormi braccia che cercano di prendere il cielo? Ebbene,in passato è stato proprio così ed io, oggi, vi voglio raccontare la sua storia, avvicinatevi. No! Cosa avete capito, a me , non al grande albero… Mettetevi comodi, e ascoltate, ancora una volta il rumore del vento che soffia, perchè sarà il sottofondo di tutta la nostra storia…

Tanto, tanto tempo fà questa grande valle, era popolata come lo è oggi, da ogni sorta di specie animale e vegetale. Piante e fiori rigogliosi di ogni genere, grazie ai quali vivevano nutriti e sereni gli animali più svariati : piccole lucertole e roditori, insetti, volpi, cinghiali, lupi e cerbiatti e nel grande fiume che scorreva nel mezzo, una grande varietà di pesci, popolava le acque fluenti, le quali riflettevano il cielo e la chioma del grande albero che sovrastava la vallata. Era chiamata per questo la Valle del Grande Albero e tutti gli animali volevano abitarla perchè sapevano che lì c’era abbondanza e prosperità, al riparo delle grandi fronde, la maestosità del vecchio legno proteggeva la valle.

Il grande Albero però possedeva sia la virtù della forza, racchiusa nel suo possente legno, sia il grande difetto dell’ egoismo. Ne aveva accumulato così tanto in tutti i suoi secoli di esistenza e ormai ne era talmente colmo, che non riusciva più nemmeno a trattenerlo e iniziò a disperderlo sulla valle. Come fosse veleno, la linfa, fuoriusciva dalle foglie della sua chioma e lentamente, goccia dopo goccia, si diffuse tra gli animali, nell’acqua del fiume e sui pesci, sugli insetti e sulle piante e tutti gli esseri viventi della valle divennero egoisti come lui.

Anno dopo anno, la Valle del Grande Albero divenne un luogo oscuro e invivibile. Il meraviglioso incanto che aveva regnato fino ad allora lentamente cessò di esistere, gli animali erano diventati cattivi gli uni con gli altri, ognuno badava a se stesso, a procurarsi il cibo per se, senza badare al prossimo e senza lasciarne alla propria famiglia. Se uno scoiattolo trovava una manciata di ghiande ad esempio, scavava una buca al riparo da occhi indiscreti, anche del proprio compagno e ve le nascondeva tutte quante. Non c’era più condivisione, amicizia, onestà. Ognuno pensava per se e basta e fù la fine. Piano piano ogni animale abbandonò la valle e le piante smisero di crescere. Anche il fiume che scorreva fluente e rumoroso, nel corso degli anni si disperse e lentamente cessò di esistere anch’esso.

A regnare in mezzo alla valle sopra alla collina restò soltanto il grande albero, con il suo enorme tronco nodoso e la sua folta chioma, nella desolazione più totale. Trascorreva tutte le sue giornate a far muovere le sue fronde nel vento e i suoi rami contorti nella speranza di scrollarsi di dosso tutte le sue foglie, non riusciva a capire, nonostante la sua enorme saggezza, che il motivo del suo egoismo non era nelle foglie o nelle gocce di linfa che esse perdevano sulla valle, ma lo stesso egoismo risiedava dentro di lui, dentro al suo stesso tronco, arrivava dalle sue radici più profonde, radicate nella collina sottostante. L’egoismo era da estirpare dentro se stesso. E così nella sua costante danza insieme al vento, l’enorme albero giorno dopo giorno perse ogni sua foglia, come desiderava e nonostante ciò si accorse di essere sempre ancora profondamente egoista.

Con i suoi enormi e contorti rami secchi, ormai completamente spogli, l’albero cercava di prendere il cielo, lo voleva con tutte le sue forze, d’altra parte era così alto, e già ci arrivava, bastava ancora un soffio di vento… Un bel giorno di primavera, un passerotto che si trovava a volare da quelle parti, fù attratto da una scena alquanto bizzarra: un’enorme albero al centro di una collina che dominava una grande valle desolata. Ma ad attirare la sua attenzione, fù soprattutto il disperato goffo tentativo della pianta gigantesca di cercare di afferrare con i suoi innumerevoli rami completamente spogli e contorti, un gruppo di nuvole che si trovavano proprio sopra ad esso. Senza pensarci troppo, si posò sopra uno di questi rami e lo canzonò:

” E quando le avrai prese che cosa ci farai con quelle nuvole ? ”

” Chi ha parlato ? ” Rispose l’Albero che non riusciva a vedere il minuscolo volatile.

” Sono Dio. ” Esclamò l’uccellino quanto mai divertito e deciso a prenderlo in giro.

” Oh  ! Mio Signore, prima volevo il cielo perchè con i miei rami arrivavo a toccarlo da mattina a sera senza mai poterne avere nemmeno un pezzetto tutto per me, adesso che sono rimasto qui tutto solo, e sono in mezzo alle nuvole tutto il giorno, voglio prenderle e attaccarmi ad esse per volare via con loro. Voglio andare via da questa valle dove mi sento tanto solo. ” rispose triste l’albero.

Il passerotto cercò di soffocare una risata immaginando l’albero che volava via attaccato alle nuvole… Poi continuò a canzonarlo sempre più divertito.

” Certo che sei solo! Questa è la valle più brutta che io abbia mai visto. E’ spoglia, senza fiori ne piante e poi non ci sono animali ! ”

” Lo so, lo so, mio Signore, ma vedi prima non era così, era bellissima. Poi il mio egoismo, contenuto nelle mie foglie ha rovinato tutto, è per questo che voglio andare via, voglio ricominciare daccapo e trovare nuovi amici. Adesso sono guarito, non sono più egoista ! ”

” Ma tu hai detto che vuoi aggrapparti alle nuvole e andartene da qui, allora vuol dire che non sei guarito, che l’egoismo risiede ancora in te. Forse è contenuto nel tuo legno. Devi estirparlo. Fiorisci !

” Fiorire ? E come dovrei fare Signore ?

” Semplice, riempi questa valle di fiori  e dai fiori nasceranno dei frutti squisiti, io chiamerò altri animali e ripopoleremo questo luogo. ”

” Si, mio Dio come tu comandi ”

L’uccellino volò via soddisfatto, credendo di aver fatto uno scherzo davvero ben riuscito e lasciando l’albero alle sue meditazioni. Nella sua profonda saggezza l’alberò pensò e ripensò e credendo di avere avuto una conversazione con Dio, giunse alla conclusione che doveva diventare al più presto un albero da frutto e per farlo, per prima cosa, doveva produrre nuovamente la sua generosa chioma.

Passarono i mesi e la valle fù nuovamente sovrastata dall’ombra delle sue fronde e mano a mano che nasceva una nuova fogliolina, l’albero perdeva un poco del suo egoismo, fino a quando un bel giorno, incominciò a fiorire. Proprio come gli aveva suggerito l’uccellino, che aveva creduto essere Dio, fiore dopo fiore, tutta la sua chioma assunse una colorazione violacea e quando anche l’ultimo dei fiori viola fù completato,  l’albero iniziò a tramutarli in grossi e profumati frutti che attirarono molti animali.

Altri frutti, i cui semi fece disperdere nella valle, servirono per far nascere nuove piante le quali popolarono tutta la vallata, dove nacquero grandi alberi simili a lui e dove finalmente non fù mai più da solo.

E l’uccellino ? Tornò per caso in quella valle  e rimase a becco aperto vedendo quel tripudio di fiori, frutti e abbondanza e quasi non la riconobbe, vide però un albero enorme sopra ad una collina, con una grande chioma fluente al vento e due piccole piante accanto a lui, protette dal vento grazie al suo tronco possente e capì che erano i suoi figli e stavano crescendo sulla collina. Ora quell’albero non sembrava più tanto goffo e non cercava più disperatamente di prendere il cielo, ne le nuvole sopra di lui. Ora tutto ciò di cui aveva bisogno era lì su quella collina, in quella valle…Anche l’uccellino decise di restare, c’era tanto spazio tra quei rami e decise che era giunta l’ora anche per lui di costruire il suo nido.


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